Quanto c’è stato di digitale nelle elezioni regionali 2015

Una breve e non scientifica analisi da cui si ricava però, con pochissime eccezioni tra i candidati presidenti, una comunicazione ancora in continuità con il passato, ma anche una tendenza sempre maggiore ad una presenza non marginale dei temi del digitale e dell’innovazione. Con una strada ancora lunga verso l’Open Government

Pubblicato il 10 Giu 2015

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Senza la pretesa di uno studio analitico e scientifico sul tema, credo sia utile qualche breve riflessione su due aspetti delle elezioni regionali del 31 maggio: la presenza dei temi del digitale e dell’innovazione tecnologica nei programmi e nei dibattiti e l’approccio al coinvolgimento dei cittadini utilizzato nella campagna elettorale, sia per la discussione e l’elaborazione del programma sia per l’utilizzo dei social network. Nella breve analisi ho preso in considerazione solo i primi tre classificati tra i candidati presidenti di Regione. Ma andiamo per ordine.

Elaborazione dei programmi

La novità principale mi sembra sia stata quella di Emiliano, che per l’elaborazione del programma in Puglia ha scelto di utilizzare una metodologia di partecipazione, affidandone la conduzione ad un soggetto terzo (Team Town Meeting del Laboratorio Urbano di Bologna), integrando riunioni in presenza nelle province e contributi online.

Abbastanza omogeneo l’approccio dei candidati presidenti del MovimentoCinqueStelle, con l’apertura ai contributi sul programma soprattutto attraverso un wiki, anche se non molto partecipato (pochi gli interventi e non chiari il recepimento o la valutazione da parte del candidato).

Iniziano anche a essere diffuse le modalità di coinvolgimento in cui si chiede ai cittadini un parere sulle proposte programmatiche o di proporne di nuove (es. Moretti, De Luca, Rossi), anche se non è chiaro il processo di evoluzione.

Per i candidati presidenti già al governo regionale (es. Zaia, Marini) è da considerare che il percorso di definizione dell’Agenda Digitale regionale (parte integrante del programma del candidato) ha avuto, durante la legislatura, dei buoni livelli di partecipazione.

Nella maggioranza dei casi il programma è in semplice consultazione (qualche volta solo in Pdf e non navigabile per punti) e anche con una certa difficoltà di reperimento (es. Toti, Borghi).

Situazione nel complesso, pertanto, sostanzialmente insoddisfacente, se ci si auspica che i periodi di campagna elettorale possano rappresentare un’importante occasione di coinvolgimento attivo e di sperimentazione anche innovativa verso pratiche evolute di Open Government.

Specchio, probabilmente, dell’attuale stato di evoluzione dell’Open Government nel nostro Paese, oltre che del basso livello di competenze digitali dei cittadini.

I programmi, l’Agenda Digitale e l’innovazione tecnologica

Sui contenuti, generalmente si riscontrano dei passi in avanti rispetto al trattamento dei temi del digitale, probabilmente grazie anche ai documenti strategici governativi relativi alla Banda UltraLarga e alla Crescita Digitale, che indirizzano anche i piani delle Regioni rispetto alla programmazione sui fondi europei. Da questo punto di vista sono più articolati e completi i programmi della maggior parte dei candidati presidenti uscenti (es. Zaia, Marini, Rossi, Caldoro o anche Paita, assessora della giunta Burlando), con un riconoscimento centrale per i temi del digitale nei tre contesti principali (cittadini, PA, imprese) e sui settori di maggiore importanza per le competenze regionali (come la Sanità). Negli altri casi l’innovazione tecnologica e l’Agenda Digitale non appaiono centrali e trasversali, ma spesso trattati soltanto dal punto di vista tecnologico (es. tra i candidati M5S c’è chi scende nel dettaglio delle funzionalità della “piattaforma di partecipazione”, ma non tratta il tema generale dell’amministrazione aperta).

I programmi dei candidati presidenti del M5S (i più omogei all’interno di una stessa forza politica) sono quelli in cui appare costantemente il riferimento all’e-democracy e alla partecipazione attraverso le piattaforme digitali, mentre sono meno presenti i temi sull’innovazione delle imprese, se non in alcuni settori specifici (es. Energia, Ambiente).

Tra le singolarità, l’attenzione di Toti sullo sviluppo delle competenze sul digitale terrestre di nuova generazione, la proposta di Ricci di un “utilizzo gratuito di Internet per tutti”, la definizione da parte della Paita del wi-fi pubblico come modo per “rendere più semplice l’accesso a informazioni per cittadini e turisti”.

Se guardiamo a cinque anni fa il panorama è notevolmente migliorato, anche se non in modo pervasivo e profondo come ci si potrebbe aspettare. In alcuni casi sorprende la bassa consapevolezza dello stato di avanzamento nazionale (in alcuni casi non viene fatto nessun riferimento ai piani nazionali e alle ricadute sulle Regioni) e la scarsa attenzione alla necessità di collaborazione tra le regioni.

Comunicazione web e utilizzo dei social media

C’è stata certamente da parte della maggioranza dei candidati un’attenzione allo stile del proprio sito web (spesso creato per l’occasione della campagna elettorale e molto probabilmente destinato all’abbandono).

Interazione al passo con i tempi, essenziale, semplice, basata su immagini, con discreta possibilità di accedere con pochi click al contenuto cercato (es. punti del programma). Tra i più semplici e insieme attraenti nella navigazione forse quelli di Zaia, Ceriscioli, Marini, Moretti,

Di contro, se vogliamo, differenze di approccio anche notevoli all’interno delle stesse forze politiche, senza eccezioni di rilievo (forse in questo un sistema di condivisione di buone pratiche sarebbe utile).

La presenza sui social network, tranne qualche eccezione, non è stata molto significativa. Tranne che nell’ultima settimana, i candidati hanno postato (Twitter e Facebook) anche meno di una decina di propri messaggi in una giornata, e sono stati citati su Twitter (dati dal sito www.pokedem.it ) in generale su numeri che sono poco sopra la centinaia. Maggiore presenza si è registrata soprattutto da parte della Moretti (con punte di oltre 3mila tweet ricevuti in una giornata e oltre 70 post sui social), Salvatore (con una punta oltre i 2600), Emiliano (punte oltre i mille tweet), e le candidate M5S Laricchia e Ciarambino (tutte con punte oltre i 700 tweet ricevuti). I post sono mediamente seguiti e graditi da un gruppo di dimensione oscillante tra 100 e 200, con punte notevoli per quanto riguarda la visualizzazione di video. Qui si arriva, nei video di appello al voto, fino alle oltre 185mila visualizzazioni per la Salvatore, le 85mila visualizzazioni per la Laricchia, passando dai 64mila di Emiliano, i 39mila della Moretti e i 19mila della Marini (la rilevazione non è scientifica e può darsi che ci siano altri esempi simili). Ma ci sono anche casi di video di appelli finali, di altri candidati presidenti, con meno di dieci o addirittura senza visualizzazioni.

Considerazioni conclusive

Il quadro complessivo che ne scaturisce è di una classe politica che, con poche eccezioni, si muove in continuità con il passato, non sperimenta modalità “nuove” di coinvolgimento e utilizza gli strumenti social in modalità sostanzialmente broadcasting, né più né meno di un ampliamento della comunicazione televisiva e dei mass media in generale, poco attenta ai fenomeni territoriali.

E questa tendenza diventa evidente nell’enorme successo che riscuotono i video in confronto ai post di contenuto, spesso seguiti da molti gradimenti e poco dibattito.

Certamente influisce il carattere regionale delle elezioni dove, come in tutte le elezioni amministrative, vale molto di più la relazione diretta, il dibattito e l’incontro sul territorio, oltre che probabilmente anche il basso livello di competenze digitali dei cittadini (e ancora di più, forse, del “target elettorale” dei candidati).

D’altra parte, almeno nei programmi, i temi del digitale iniziano ad assumere una posizione non estemporanea e accessoria, ma anzi assumono (almeno in alcuni casi) una centralità “consapevole”.

Quello che manca è in sostanza, tranne nelle poche eccezioni citate, il passaggio ad una politica basata sul coinvolgimento vero e attivo dei cittadini, visto come elemento strategico. Da questo punto di vista, almeno due dei cardini dell’Open Government (partecipazione e collaborazione, l’altro è la trasparenza) sembrano ancora non far parte integrante del modo di interpretare la politica pubblica, nel concreto. E questo desta qualche non minore preoccupazione.

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