Legge di Stabilità

Il Digital DEF: istruzioni per una spending review incruenta

Dopo le slide di Palazzo Chigi sul DEF 2015 è partita la polemica: Regioni ed enti locali tentano di evitare i tagli alle loro spese, ma il Governo non molla. Ancora una volta, ci dimentichiamo di “pensare digitale”. Perché la spending review potrebbe essere molto meno complicata e dolorosa di quanto possa sembrare

Pubblicato il 30 Ott 2014

Paolo Colli Franzone, Osservatorio Netics

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E slide furono. Legge di stabilità 2015, presentata dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Economia nel corso di una conferenza stampa come al solito costellata di slide, in attesa di un testo più o meno definitivo.
Tra un taglio e l’altro, a un certo punto arriva il capitolo “Regioni ed enti locali”: ed è subito polemica. Il Presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, sbotta: “non ce la possiamo fare, se non tagliando sanità e trasporti”.
L’affermazione è formalmente vera, ma sconta ancora una volta un modo di pensare probabilmente molto poco innovativo.

Fino a quando la locuzione “tagli di spesa” verrà associata, più o meno in buona fede, al concetto di “tagli ai servizi”, saremo condannati a rimanere soggiogati dalla lobby della spesa a gogò, quella che sfrutta (in mala fede, ovviamente) le prese di posizioni delle varie conferenze delle regioni, ANCI, e via di seguito, per mantenere invariato un approccio “festaiolo” di aggressione alla colonna “uscite” del bilancio pubblico ai suoi vari livelli.

Il problema, utilizzando una bruttissima espressione, è “ben altro”: si può tagliare la spesa (soprattutto in Sanità, ma anche nel trasporto pubblico locale) mantenendo inalterate, quando non addirittura innalzandole, la quantità e la qualità dei servizi reali (prestazioni) rese ai cittadini.
Si parte dalla reingegnerizzazione dei processi e dalla razionalizzazione delle risorse.
E questa è un’operazione di medio periodo: si parte oggi, i risultati li vediamo fra 2-3 anni.
Ma se affrontiamo questa operazione di medio periodo facendola precedere da un drastico taglio agli acquisti per beni e servizi, i risultati li raggiungiamo già nell’esercizio 2015, così il gioco del DEF è fatto e i conti tornano.

Il gioco non è particolarmente complicato: l’importante è prendere atto che la PA (e la Sanità) italiana non è capace di comprare beni e servizi e che la frammentazione quasi demenziale delle stazioni appaltanti impedisce di presentarsi sul mercato con una massa critica e un potere d’acquisto considerevole.
Centralizzazione, quindi, e affidamento della funzione di public procurement a professionisti. A partire da Consip, naturalmente. E da quelle (non tutte) centrali regionali d’acquisto che hanno “per davvero” imparato il mestiere e possono vantare performances di rilievo. Emilia-Romagna e Lombardia, tanto per fare dei nomi.
E tutto diventa ancora più performante (e generatore di risparmi) se smettiamo di considerare la sola funzione “acquisto” e proviamo a immaginare delle gestioni accentrate (a livello regionale, probabilmente) di gestione integrata della supply chain: pianificazione dei fabbisogni, logistica, magazzino, distribuzione verso “l’ultimo miglio”, controllo delle scorte, eccetera.
Perchè è evidente che l’obiettivo primario è fare in modo che la mitica siringa calabrese costi come la siringa veneta (e già questo ci farebbe risparmiare intorno ai 3 miliardi di euro l’anno per la sola Sanità, agendo sulla spesa aggredibile in tempi brevi così come definita dal lavoro di Cottarelli e da stime di Consip), ma non sarebbe male anche fare in modo che la quantità di siringhe comprate a Crotone sia il più possibile compatibile coi reali fabbisogni. E che non ci siano venti magazzini di siringhe in altrettante ASL di una stessa Regione.
Razionalizzare la supply chain significa anche fare un grandissimo favore ai fornitori, semplificando loro la vita e riducendo anche i loro costi.
Quindi le diminuzioni di prezzo potrebbero essere digerite con meno fastidio anche dall’offerta

Sarebbe bello che una volta tanto, in Conferenza Stato-Regioni, invece di fare battaglie di religione e di posizionamento si cominciasse a parlare di cose come questa. Parlandone il minimo necessario per arrivare a decidere e – finalmente – a “fare”.
Neppure una radiografia in meno, neppure un portantino in mobilità: prestazioni inalterate, risparmi assicurati.
E potrebbe valere anche per i trasporti, e forse un po’ per tutto. Si pensi (se vogliamo parlare di Comuni) alla razionalizzazione dei costi dei servizi socio-assistenziali: anche in questo caso, non intaccando la quantità di prestazioni rese al cittadino.
Nel frattempo, si lavora a costruire processi razionalizzati e reingegnerizzati, utilizzando al meglio le ICT.
Vedi mai che il DEF 2016 o 2017 potessero portarci ulteriori buone notizie.

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